Le tecnologie a zero emissioni garantiranno l’affidabilità della rete a un costo più basso

LONDRA, 24 marzo – I piani di costruzione di nuove centrali a gas in Italia per una capacità complessiva di 14 GW potrebbero mettere a rischio gli obiettivi climatici del paese, comportare perdite fino a 11 miliardi di euro in investimenti e perdere l’occasione di ridurre i consumi domestici di energia elettrica – queste le conclusioni di un nuovo studio pubblicato oggi da Carbon Tracker Initiative, un think tank finanziario indipendente.

Secondo lo studio, una combinazione di tecnologie a zero emissioni può già offrire lo stesso livello di servizi forniti dalla rete tramite centrali a gas, ma a un costo inferiore. Il portafoglio di rinnovabili (Clean Energy Portfolio) è basato su elettricità prodotta da parchi eolici onshore e centralifotovoltaiche sostenuta da batterie di accumulo elettrico e servizi di demand response. Un ruolo non secondario è anche svolto da investimenti volti a ottenere efficienza energetica.

Secondo Catharina Hillenbrand Von Der Neyen, Responsabile Power & Utilities presso Carbon Tracker: “L’Italia commetterebbe un errore sostituendo le centrali a carbone con quelle a gas. Le tecnologie a zero emissioni possono assicurare l’affidabilità della rete a un costo più basso. Se le utility porteranno avanti i loro piani di costruzione di nuovi impianti a gas per una capacità produttiva di 14 GW, penalizzeranno i consumatori e renderanno più difficile raggiungere gli obiettivi climatici internazionali. I piani di costruzione di grandi centrali a gas sollevano questioni sulla leadership del Regno Unito e dell’Italia nella lotta al cambiamento climatico mentre si preparano a co-ospitare il vertice sul clima COP26 che si terrà quest’anno

Il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) dell’Italia mira a promuovere l’uso dell’energia pulita al costo più basso possibile, allinearsi con gli obiettivi climatici nazionali dell’UE e migliorare l’indipendenza energetica del paese. Su questa linea, il report presentato oggi sottolinea come un portafoglio di rinnovabili non solo permetterebbe di ridurre sia l’importo delle bollette che le emissioni, ma offrirebbe anche maggiore sicurezza e indipendenza energetica consentendo all’Italia di fare meno affidamento su costose importazioni di gas.

L’Italia si è impegnata a chiudere le ultime centrali a carbone, per una capacità complessiva di 8 GW, entro il 2025. Nel frattempo, le utility prevedono di costruire, nel prossimo decennio, nuove centrali a gas per una capacità complessiva di 14 GW, di cui 5.8 GW sono già garantiti da contratti di approvvigionamento aggiudicati nel mercato della capacità (capacity market) ed entreranno in servizio  entro il 2023. Tuttavia, lo studio indica che nei bilanci degli operatori elettrici potrebbero rimanere fino a 11 miliardi di euro in attivi non recuperabili (i cosiddetti “stranded asset”), con conseguente svalutazione del capitale sociale.

Il rischio di andare a tutto gas – Perché l’Italia dovrebbe investire nel settore dell’energia pulita calcola che un portafoglio di rinnovabili garantirà servizi della rete identici rispetto a una moderna centrale termoelettrica a ciclo combinato (CCGT, Combined Cycle Gas Turbine) a un costo inferiore, fornendo la stessa quantità mensile di energia, soddisfacendo la richiesta nelle 50 ore di picco della domanda, e offrendo lo stesso livello di flessibilità della rete. In determinati mesi il portafoglio di rinnovabili genererebbe più energia.

Lo studio lancia un monito: se l’Italia perseguirà la generazione di energia elettrica tramite le centrali a gas anziché la soluzione basata su energia pulita a basso costo, i consumatori vedrebbero un aumento in bolletta. Questa strada renderebbe inoltre più difficile conseguire il nuovo l’obiettivo dell’Italia di tagliare le emissioni del 60% entro il 2030. Le nuove centrali a gas produrrebbero 18 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, equivalenti al 6% delle emissioni di gas serra totali dell’Italia nel 2019.

Michele Governatori, Energy Programme Lead, ECCO Think Tank ha affermato:“Il Recovery Plan italiano, coerentemente con gli obiettivi di decarbonizzazione del Paese, si appresta a dedicare circa 70 miliardi di Euro del Next Generation EU alla transizione energetica. Efficienza energetica, tecnologie di accumulo ed evoluzione delle reti sono, infatti, i punti centrali. Puntare in questo contesto su nuova produzione termoelettrica per garantire la sicurezza del sistema elettrico sarebbe contraddittorio e, alla luce di questo studio, più costoso rispetto a un mix corretto di rinnovabili, accumuli e efficienza”

Il mese scorso Carbon Tracker ha pubblicato uno studio che mostrava come nel Regno Unito un portafoglio di rinnovabili può offrire già da ora lo stesso livello di servizi alla rete elettrica rispetto alle centrali a gas, ma a un costo inferiore.[1] Lo stesso giorno, l’utility britannica Drax ha annullato i piani di costruzione, nel Regno Unito, della più grande centrale a gas europea. Ciò nonostante, gli operatori elettrici prevedono ancora di installare 11 GW di nuove centrali a gas, che produrrebbero 18 milioni di tonnellate di CO2 all’anno – equivalenti al 5% delle emissioni di gas serra totali del Regno Unito nel 2019. Carbon Tracker avverte che nei loro bilanci potrebbero rimanere fino a 7,9 miliardi di euro in stranded asset, che quindi non darebbero alcun ritorno economico.

Thibaud Clisson, BNP Paribas lead analyst su Utilities and Energy ha commentato: Il report di Carbon Tracker “Smettere di premere il pedale sul gas” aggiunge un contributo importante sul ruolo che il gas naturale dovrebbe occupare in Europa. Carbon Tracker offre nuove argomentazioni per ridurre l’utilizzo del gas naturale mostrando quanto investimenti in nuovi impianti a gas in Europa siano sempre meno giustificati sia da un punto di vista economico che ambientale.

L’economia del settore elettrico ha raggiunto un punto di svolta nel 2019, quando il costo delle tecnologie a zero emissioni è calato sino al punto in cui un portafoglio di rinnovabili in Italia potrebbe produrre energia elettrica allo stesso costo di un nuovo ciclo combinato a gas (CCGT), €67/MWh. Tuttavia, si prevede che i costi delle tecnologie a zero emissioni – particolarmente batterie per l’accumulo di elettricità – continueranno a diminuire, mentre le centrali a gas sono esposte alla volatilità dei prezzi del gas e all’aumento del prezzo del carbonio, come è accaduto di recente con bruschi aumenti dei prezzi. Entro il 2030, a €75/MWh un CCGT sarà del 60% più costoso rispetto a un nuovo portafoglio di rinnovabili quando si confronti il costo livellato dell’energia (LCOE) – infatti si prevede che il secondo produrrà energia elettrica a un costo di €47/MWh.

Il mix ottimale di tecnologie a zero emissioni necessarie per sostituire una centrale a gas varia da un paese all’altro. In Italia, un portafoglio di rinnovabili si articolerebbe in varie risorse come segue:

  • 31%: centrali fotovoltaiche – per generare energia sufficiente per la maggior parte della giornata;
  • 17%: parchi eolici onshore – completando gli impianti fotovoltaici e garantendo energia elettrica durante le ore notturne;
  • 16%: batterie di accumulo elettrico – essenziali per rispondere alla domanda delle ore di punta;
  • 27%: demand response – riducendo la necessità di generazione di energia spostando il consumo;
  • 9%: efficienza energetica – con opportunità di ristrutturazione di vecchi edifici.

È essenziale disporre di tecnologie agili per assicurare flessibilità e capacità produttiva quando la generazione di energia da risorse rinnovabili non è sufficiente, particolarmente durante le 50 ore di picco annuali, quando l’energia immagazzinata nelle batterie soddisfa il 51% della domanda mentre la demand response rappresenta un altro 22%.

Riforme del mercato sono necessarie per consentire alle tecnologie a zero emissioni di competere in modo equo. Secondo lo studio, in Italia c’è stata una corsa alla costruzione di nuove centrali a gas a causa dei contratti di approvvigionamento aggiudicati sul mercato della capacità che le hanno premiate in modo sproporzionato. Lo studio invita il governo a fissare criteri identici per le varie fonti di energia, affinché quelle rinnovabili, appoggiandosi all’immagazzinamento tramite batterie e alla demand response, possano giocare ad armi pari.

Si evidenzia quindi questa situazione:  “In Italia, il mercato della capacità falsa il mercato dell’energia a favore di centrali a gas preesistenti e nuove, e a svantaggio di rinnovabili a costo basso e zero emissioni. Questo meccanismo è di fatto alla base dello sviluppo di nuove centrali elettriche che producono emissioni e che altrimenti sarebbero antieconomiche.”

Inoltre, si invita l’Italia a sfruttare i progressi fatti introducendo contatori intelligenti per sviluppare  servizi di demand response, una scelta dal costo ridotto per garantire flessibilità. Molte abitazioni italiane sono dotate di pannelli solari, che potrebbero diventare una sorgente preziosa di flessibilità nella rete elettrica se i proprietari fossero incoraggiati a installare batterie.

Carbon Tracker ha valutato gli aspetti economici dell’energia a zero emissioni e di quella generata da centrali a gas impiegando il modello del portafoglio di rinnovabili creato dall’RMI, che: stima i servizi della rete ottenibili con una data centrale a gas; utilizza una modellazione dettagliata per individuare il mix ottimale di tecnologie a zero emissioni in grado di riprodurre tali servizi; e confronta il costo livellato dell’energia (LCOE) di ciascuna soluzione.

In base alle informazioni disponibili dal Ministero dell’Ambiente, le utility stanno pianificando la costruzione di centrali a gas per un totale di 14 GW. Per l’elenco completo di tutti i 15 impianti termoelettrici a ciclo combinato proposti, vedere alle pagine 27-28 dello studio.

Quando non più sotto embargo, lo studio sarà disponibile qui: https://carbontracker.org/reports/foot-off-the-gas-italy/

 

FINE

 

Per fissare interviste si prega di contattare:

Joel Benjamin                                        jbenjamin@carbontracker.org.uk                              +44 7429 637423

David Mason                                          david.mason@greenhousepr.co.uk                           +44 7799 072320

Note per i redattori

Lo studio è il frutto di una collaborazione fra il Carbon Tracker Initiative (CTI) e l’RMI, preparato impiegando l’analisi del Carbon Tracker e il modello del portafoglio di rinnovabili dell’RMI. Lo studio è stato redatto principalmente da specialisti del Carbon Tracker, mentre il modello è stato adattato sulla base della consulenza continua dell’RMI.

Informazioni sugli autori

Bell Udomchaiporn1, Lee Ray1, Lily Chau1 e Catharina Hillenbrand von der Neyen1, con il support di Alexander Engel2, Charles Teplin2 e Mathias Einberger2

1 Carbon Tracker Initiative (CTI); 2 RMI

Per ulteriori informazioni 

Carbon Tracker – Catharina Hillenbrand Von Der Neyen – catharina@carbontracker.org

RMI – Charles Teplin – cteplin@rmi.org

 

Informazioni sul Carbon Tracker

Carbon Tracker è un think tank finanziario indipendente che svolge analisi approfondite dell’impatto della transizione energetica sui mercati di capitale e del potenziale investimento in combustibili fossili che comportano lo sfruttamento intensivo di giacimenti di carbone e costi elevati. www.carbontracker.org

 

Informazioni sull’RMI

RMI  è un’organizzazione non profit indipendente fondata nel 1982 che trasforma l’uso dell’energia globale per creare un futuro a basso impiego di carbone, a zero emissioni, prospero e sicuro. Sollecita aziende, comunità, istituti e imprenditori ad accelerare l’adozione di soluzioni di mercato che permettano la transizione da combustibili fossili a energie rinnovabili, affidabili, assicurando efficienza dei costi. L’RMI ha sedi a Basalt e Boulder, nel Colorado; New York City; Washington, D.C.; e Pechino.

Per maggiori informazioni sull’RMI visitare il sito www.rmi.org o seguirci su Twitter @RockyMtnInst.

[1] Foot off the Gas: Why the UK should invest in clean energy, febbraio 2021